Cortazzone
Chiesa di San Secondo
Chiesa di San Secondo
A circa un chilometro in direzione ovest dall’abitato di Cortazzone, sulla collina di Mongiglietto, si trova circondata da una corona d’alberi, San Secondo, una delle chiese più rappresentative del romanico della scuola del Monferrato. L’edificio orientato canonicamente secondo l’asse est-ovest, per cui i fedeli erano rivolti ad est, a tre navate concluse da absidi semicircolari, venne costruito con muratura di blocchi regolari di arenaria e, rari, inserimenti di mattoni a scopo decorativo. La facciata, a salienti interrotti, è conservata per i due terzi ed integrata nella zona centrale da muratura di mattoni.
È ascrivibile per confronto e per considerazioni cosmologiche sulle sculture dei capitelli interni alla metà del XII secolo. All’epoca il feudo di Cortazzone dipendeva temporalmente dalla diocesi di Pavia, pertanto si può ipotizzare che anticamente la stessa chiesa appartenesse a Pavia, come all’epoca la chiesa di Tigliole e la pieve di Ponte, località scomparsa nei pressi dell’attuale Costigliole.
Esigui ma significativi i dati storici: fu la prima parrocchiale di Cortazzone e dal 1300 risultava di patronato dei signori feudali del luogo: i di Montiglio e i Pelletta, potenti banchieri astigiani; nel 1345 San Secondo dipendeva della pieve di Montechiaro, a sua volta sottoposta al Capitolo della cattedrale di Asti.
Un documento notarile del 1390, stipulato al suo interno, citava la presenza nel catino dell’abside dei dipinti di San Secondo e San Brunone (o forse san Girolamo, vista la presenza di un leone e l’abito da cardinale) ancor oggi in sito. Dalle visite pastorali della fine del Cinquecento si desume che la messa vi veniva celebrata sporadicamente e nel 1660 la funzione di parrocchia fu definitivamente spostata nell’abitato attuale, sotto la protezione del castello, nell’allora chiesa di San Siro, che cambiò titolatura in San Secondo. Circa alla fine del Settecento, contemporaneamente al ripristino della facciata, furono costruite le volte a vela che ne modificano i volumi interni. Nel 1893 pesanti restauri condotti dal D’Andrade interessarono tutto l’edificio: vennero distrutti gli intonaci interni, rifatto parte del coronamento dell’abside a nord e sottomurati ampi tratti del perimetro. In tale occasione a nord dell’edificio vennero rinvenute le fondazioni di un fabbricato, forse il campanile.
Eclatanti sono le decorazioni permeate da simboli e da segni espressi nella ricchezza delle sculture. Esternamente le decorazioni zoomorfe: aquile, uccelli, agnelli e fitomorfe quali palmette, corolle di fiori, acanto stilizzato ornano con incredibile varietà il prospetto sud, compresa, nella zona centrale del cleristorio un’inusuale rappresentazione di un amplesso. Splendide le absidi sottolineate, poco sopra la base aggettante, da una cornice bicroma complanare a denti di lupo.
All’interno pilastri e colonne sorreggono massicci capitelli in cui gli scalpellini del cantiere monferrino sembra abbiano dato fondo a tutte le reminescenze simboliche: sirene tentatrici, pavoni, dragoni, traendo da modelli colti, forse pavesi, forse di derivazione transalpina, immagini che dovevano trasmettere al fedele medioevale la parola di Dio. Nel terzo capitello a sinistra, secondo un’avvincente dimostrazione simbologica, è probabilmente possibile individuare un evento astronomico: l’eclissi solare del 1153, in cui nel cielo erano le costellazioni di Pegaso, il Dragone e Cetus. Infatti, oltre a cavalli alati e un drago, è raffigurato un pesce. La complessità della composizione farebbe supporre nel cantiere la presenza di un astronomo. Certo è che la singolarità dei temi delle decorazioni, passate indenni attraverso quasi nove secoli, rende la chiesa di Mongiglietto un affascinante enigma.
Bibliografia
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www.centrocasalis.it
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