Al centro del Piemonte vi è un territorio particolarmente ricco di testimonianze storico-architettoniche che si sono conservate per mille anni: le chiese romaniche del Monferrato. Caratterizzate dalle piccole dimensioni, dall’alternarsi di superfici in cotto e in pietra arenaria, di consueto a navata unica, furono costruite quali chiese di villaggi, oggi quasi tutti scomparsi, in un arco di tempo definibile tra l’XI e il XIII secolo.
L’area in cui insistono, delimitata a nord dal Po, a sud dal Tanaro, ad est dalla Lomellina (Pavia) ed a ovest dalla collina di Torino, fu nei secoli un territorio di confine tra importanti divisioni politiche, molto dinamiche, quali il marchesato del Monferrato, il contado di Cocconato, la chiesa di Asti e lo stato Sabaudo. Tale ricchezza storica si riflette sul patrimonio architettonico e paesaggistico con la presenza di castelli, palazzi e chiese di fondazione signorile e vescovile, in cui spiccano in primis la canonica regolare di Vezzolano, splendido documento dei secoli XI-XIV, e le numerosissime chiese romaniche le cui localizzazioni documentano strade ed insediamenti, oggi in parte scomparsi.
Il superamento dell’anno mille e con esso la paura della fine del mondo, una diffusa accentuazione della religiosità a livello europeo (la prima crociata ebbe inizio nel 1095), la riforma religiosa partita da Cluny che voleva arginare l’ingerenza dei nobili nelle pratiche e nel governo della Chiesa, unitamente ad un forte incremento della popolazione dovuto al miglioramento delle pratiche di coltivazione dei campi, fecero si che a cavallo delle Alpi e in Piemonte l’uomo medievale si adoperasse per rendere tangibile la propria fede con la costruzione delle chiese. Ciò che distingue il corpus del Monferrato dal resto della regione è che esse vennero edificate secondo una fitta rete territoriale, da attribuire anche ad un effettivo maggiore popolamento del nord dell’astigiano rispetto alla zona ai confini con la Liguria che, nel diploma imperiale concesso ad Aleramo del 967, veniva infatti denominata deserti loci, per la scarsità di insediamenti. Inoltre esse vennero costruite in un lasso di tempo circoscritto, tra l’XI e il XII secolo, e con caratteri architettonici e stilistici omogenei che risentivano sia delle reminescenze romane-bizantine: il piccolo territorio era circondato da siti romani Hasta Pompeia-Asti, Vardacate-Casale, Industria-Monteu da Po, di cui all’epoca probabilmente erano ancora visibili numerose vestigia; sia dei saperi delle maestranze costituite da scalpellini, mastri da muro, pittori provenienti d’Oltralpe i quali recavano con se un cospicuo bagaglio di modelli di rappresentazione dei simboli del cristianesimo. Modelli che ritroviamo nelle sculture e negli affreschi di San Lorenzo di Montiglio, di San Secondo di Cortazzone, San Nazario di Montechiaro e nel resto delle cappelle campestri, chiese castrensi, canoniche e oratori.
Gli edifici, spesso localizzati a mezza costa, in prossimità di primitivi insediamenti romani (pieve di Cocconato, pieve di Medigliano-Casale) erano soggetti a “convenzioni simboliche” di organizzazione dello spazio consacrato: la chiesa, quasi sempre orientata secondo l’asse est-ovest, affinchè all’interno i fedeli fossero rivolti verso Gerusalemme e verso l’ascesa di Cristo nel levar del sole; l’altare era ad esclusivo uso dei chierici, separato dai fedeli da gradini e dalla balaustra.
Tra i fattori ambientali che influenzarono sicuramente l’aspetto degli edifici vi furono le tipologie dei materiali disponibili in loco, a ciò si deve lo splendido contrasto cromatico creato dall’uso alternato di filari di mattoni rosso vivo e conci di arenaria bianco-gialla, peraltro facilmente scolpibile e quindi base ideale di partenza da cui realizzare capitelli, cornici, archetti ricchi dei più fantasiosi, sia pur codificati, motivi decorativi. Proprio quest’ultimi contribuirono a rendere unica la “scuola del Monferrato” soprattutto per quanto riguarda le sculture figurative: agnus dei declinati in tutte le versioni, sirene tentatrici, serpenti, mulini mistici, mostri evocanti destini nefasti a chi non obbediva a Dio e ai precetti della Chiesa; per le decorazioni a carattere geometrico: a damier, a denti di lupo, alternati nel mattone e nell’arenaria, a denti di sega, a imitazione schematica delle lavorazioni in vimini e nastriformi. L’influenza dei modelli borgognoni o del sud della Francia qui spesso si trasforma in un approccio meno minaccioso di lettura delle sacre scritture e, sovente, l’Antico Testamento lascia spazio al Nuovo Testamento come nel caso del capitello con Visitazione, Natività e Deposizione del chiostro di Vezzolano.
A partire dall’inizio del XIII secolo la nascita di nuovi insediamenti, le ville nuove, il radunarsi degli insediamenti intorno ai castelli in cima ai colli, portò alla decadenza dei villaggi di mezza costa e, con essi, all’inizio dell’abbandono delle chiese bicrome, ancora utilizzate nei secoli XV e XVI come sedi cimiteriali, per il loro intorno di terra consacrata. Forse fu proprio questo abbandono a favorirne la conservazione dei caratteri originari, romanici. Dove vennero riusate, furono anche più volte riplasmate, del resto sono passati 800 anni, così da perdere quell’innegabile forma arcaica e misteriosa risalente al Medioevo che rende gli edifici superstiti unici e permeati dal fascino della storia.
Marina Cappellino
Marina Cappellino – Architetto, attiva nel campo del restauro e riqualificazione di edifici storici in Piemonte: castello di Moncucco (AT), palazzo comunale di Piovà Massaia (AT), castello di Monale (AT), sedi di Società di Mutuo Soccorso, chiese e case parrocchiali nel nord dell’Astigiano; in Libia: sede del comando militare italiano e moschea di Porto Bardia (Tobruk), forte di Bir Duvan (Misurata), sede del comando turco oasi di Ghat, castello di Murzuq (Sahara libico). Dal 2002 al 2009 Direttore del Museo del Gesso nel Castello di Moncucco (AT). Suoi contributi nei volumi: CROCE V., Tra gotico e neogotico. Le chiesa parrocchiali astigiane, CR Asti, 2012; LIBYA ANTIQUA, Annual of Departement of Archaeology of Libya, vol. V, 2010; OSSERVATORIO DEL PAESAGGIO, “Il paesaggio dipinto dell’Astigiano”, CRAsti, 2007; O. d. P.,Il Paesaggio del Romanico Astigiano, CRAsti, 2006; CAPPELLINO M., FIANDRA E., BORASI V., I soffitti di gesso del Basso Monferrato, Asti, 2000.